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Avvisi

Il progetto 

Il progetto “Consulta della legalità” è promosso e finanziato dalla Camera di commercio industria artigianato e agricoltura  di Verona ed è realizzato insieme all’associazione Avviso Pubblico.

Il progetto si propone di costruire una rete di legalità organizzata sul territorio scaligero, quale strumento di prevenzione dall’infiltrazione mafiosa e a difesa dell’imprenditoria e dell’economia sana del territorio.

La rete prevede il coinvolgimento delle categorie produttive iscritte alla Camera di commercio industria artigianato e agricoltura, della Prefettura, della Questura, della Procura della Repubblica, delle Forze di Polizia e della rete di enti locali aderenti ad Avviso Pubblico.

Il progetto prevede:

  1. La costituzione di una consulta della legalità, composta dai delegati di tutte le categorie iscritte alla Camera di Commercio;
  2. La predisposizione di una pagina del sito internet della Camera di Commercio dedicata al tema della lotta alle mafie e alla corruzione;
  3. La redazione di un vademecum;
  4. La realizzazione di un percorso formativo;
  5. L’organizzazione di un evento conclusivo.

  

PREVENIRE E CONTRASTARE: COSA FARE E A CHI RIVOLGERSI

Le mafie si possono sconfiggere a condizione che insieme all’attività repressiva svolta dalle forze di polizia e dalla magistratura si attui, contemporaneamente, un’attività preventiva che veda come protagonisti il mondo delle imprese, delle libere professioni, del sindacato, delle associazioni, delle banche, delle istituzioni, della politica, della scuola e dell’università.

Un tessuto economico e sociale sano, che rispetta le regole, opera con trasparenza e in cui non vi è richiesta di servizi illegali è un ambiente difficilmente permeabile dalle mafie. Al contrario, laddove questi servizi vengono richiesti, le organizzazioni di stampo mafioso si insediano, mettono radici e influenzano, peggiorandole, le dinamiche socio-economiche del territorio. 

Da parte degli imprenditori e di tutte le categorie componenti la Camera di Commercio, è importante comprendere che rivolgersi alle mafie pensando di ottenere dei vantaggi è una pessima idea. I mafiosi, infatti, non risolvono problemi, li creano. Essi mirano ad impossessarsi delle imprese e delle attività commerciali. Pertanto è importante:

-    denunciare alle autorità competenti qualsiasi situazione di criticità di cui si è venuti a conoscenza o nella quale si è pensa di essere finiti;

-    non chiedere mai capitali al di fuori dei circuiti del credito legale;

-    non chiedere mai servizi illegali come ad esempio: il recupero dei crediti, lo smaltimento di rifiuti, l’intermediazione di manodopera, guardiania nei cantieri, ecc.

-    adottare modelli di selezione dei fornitori, controllare chi sono, come e dove operano;

-    adottare modelli che aiutino a capire chi sono i principali partner economici;

-    formalizzare procedure e modelli organizzativi (es. Modello organizzativo di gestione e controllo dei rischi previsto dal DLgs 231/01) 

-    svolgere analisi di gestione dei rischi, anche mediante procedure di controllo interne 

-    valutare la possibilità di ottenere il rating di legalità

-    per i liberi professionisti: evitare di fornire servizi e consulenze a persone o realtà di cui si sospetta il legame con organizzazioni criminali di tipo mafioso e segnalare le operazioni finanziarie sospette.

Chi denuncia lo può fare in modo protetto e sicuro alle autorità competenti.

Chi denuncia protegge se stesso e la comunità in cui vive e il mercato in cui lavora.

A CHI RIVOLGERSI?

●    Arma dei Carabinieri - Comando provinciale di Verona 

Via Salvo D'Acquisto 6 -  37122 Verona 

Telefono 045 80561

tvr29900@pec.carabinieri.it

●    Guardia di Finanza - Comando provinciale di Verona 

Via Cristoforo Colombo 117 -  37138 Verona 

Telefono 045 493 6787

●    La Questura di Verona

Lungadige Antonio Galtarossa, 11 - 37133 VERONA

 telefono: Centralino: 0458090411 - chiedere della Squadra Mobile

●    Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verona

via dello Zappatore n. 1 - 37122 Verona

 telefono: 045 8085599 (centralino)

●     Prefettura di Verona 

Ufficio vittime estorsione e usura della Prefettura di Verona

http://www.prefettura.it/verona/contenuti/Vittime_usura-43714.htm

via S. Maria Antica 1 - 37121 Verona

Telefono 045 8673 411

prefettura.verona@interno.it

protocollo.prefvr@pec.interno.it

●    Il Comune di Verona ha predisposto un Ufficio Antiusura, per fornire un punto di ascolto e di indirizzo.

LA SITUAZIONE DELLE MAFIE IN ITALIA E NEL VENETO

Le mafie: cosa sono e come operano

Le mafie sono organizzazioni criminali segrete, nate nell’800 nel Mezzogiorno. A partire da metà del Novecento, le mafie si sono diffuse anche nel resto delle regioni italiane, in diversi stati europei e del resto del mondo. 

L'associazione a delinquere di tipo mafioso è un reato previsto dall’articolo 416-bis del codice penale, introdotto nell’ordinamento italiano dalla legge n. 646 del 13 settembre 1982, detta legge Rognoni – La Torre dal nome dei promotori, il ministro dell’Interno, Virginio Rognoni, e il parlamentare Pio La Torre. 

Il terzo comma dell’articolo 416-bis specifica che: 

“l'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte [almeno tre persone, ndr] si avvalgono della forza di intimidazione, del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per: 

  • commettere delitti;
  • acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici;
  • per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri;
  • al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.

Lo storico Enzo Ciconte, nel libro Storia criminale: la resistibile ascesa di mafia, ‘ndragheta e camorra dall’Ottocento ai giorni nostri (Rubbettino, 2008),  ha elencato quelle che possono definirsi le principali caratteristiche comuni a tutte le mafie, ovvero: 

  • l’ossessione della segretezza
  • l’offerta di protezione
  • l’uso sapiente della mediazione 
  • la presenza di una struttura organizzata 
  • il controllo del territorio
  • l’uso dei codici e dei rituali per l’affiliazione 
  • il modo di porsi verso la religione
  • la capacità di inserirsi negli affari legali, dal mondo agricolo dell’Ottocento all’economia globalizzata di questo inizio millennio.

 

Le mafie italiane 

Le mafie italiane hanno diversi nomi, declinati in base alla provenienza geografica. Le principali mafie italiane sono: Cosa nostra (Sicilia), ‘Ndrangheta (Calabria), Camorra (Campania), Sacra corona unita (Puglia). Si tratta di organizzazioni diverse per struttura, evoluzione, capacità di penetrazione in territori diversi da quelli di origine e nell’economia legale.

Altre mafie presenti in Italia sono: la Società foggiana in Puglia, i Basilischi in Lucania, la Stidda in Sicilia. In tempi relativamente recenti organizzazioni criminali di tipo mafioso si sono sviluppate nel Lazio. In Veneto, dalla metà degli anni ‘70 alla metà degli anni ‘90 del XX secolo ha operato un’organizzazione mafiosa denominata “Mafia del Brenta”, capeggiata da Felice Maniero.

Le mafie straniere

Dagli anni Novanta del secolo scorso, anche a causa dei cambiamenti geopolitici generati dalla caduta del muro di Berlino, in Italia hanno iniziato ad operare organizzazioni mafiose di origine straniera, provenienti dal Sud America, dalla regione balcanica e dal continente asiatico e africano. I gruppi criminali stranieri sono attivi soprattutto nel traffico di droga e nel traffico e sfruttamento di persone, in particolare a fini sessuali (prostituzione) e di lavoro forzato. I rapporti tra mafie italiane e straniere si registrano, soprattutto, nel settore del traffico di droga e della contraffazione di prodotti. 

 

Gli obiettivi delle mafie

Il fine delle mafie è quello di acquisire ricchezza e potere, rapidamente e impunemente, attraverso l’esercizio della corruzione, dell’intimidazione e della violenza. A differenza di altre forme di criminalità organizzata, per raggiungere il loro scopo, le mafie si caratterizzano per la loro capacità di instaurare rapporti con persone che appartengono a cerchie sociali esterne al mondo criminale - la cosiddetta “area grigia” - come ad esempio esponenti politici, imprenditori, liberi professionisti, operatori delle forze dell’ordine e della magistratura, o del mondo finanziario.

La prova dell’esistenza di questi rapporti si evince non solo dalle inchieste giudiziarie ma anche, ad esempio, dal numero dei Comuni sciolti per infiltrazione mafiosa, delle interdittive antimafia emesse dalle prefetture, dalle operazioni finanziarie sospette segnalate dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, dal numero di beni e aziende confiscate segnalato dall’Agenzia nazionale istituita per gestire i patrimoni sottratti definitivamente ai mafiosi.

Il fenomeno mafioso non può essere considerato esclusivamente un problema di ordine pubblico, risolvibile impiegando le forze di polizia e la magistratura, che riguarda le regioni del Sud d’Italia. Esso è una questione nazionale ed internazionale e costituisce una attuale e concreta minaccia per la democrazia, l’economia e la sicurezza dei cittadini.

Per affrontare e sconfiggere le mafie occorre un forte impegno corale sul versante della prevenzione che veda impegnate le istituzioni, la politica, la scuola e l’università, il mondo economico-produttivo e finanziario e la cittadinanza. 

 

I mercati delle mafie

Le mafie detengono ingenti capitali frutto del compimento di una serie di reati, tra cui spicca senza dubbio il mercato degli stupefacenti che produce decine di miliardi di euro ogni anno. 

La notevole capacità finanziaria ha fatto sì che le mafie siano in grado di agire anche come imprese e come banche, capaci di operare contemporaneamente sia nei mercati illeciti - si pensi all’usura o al traffico di rifiuti - che in quelli leciti, tra cui i settori dell’edilizia, dei trasporti, del turismo, il gioco d’azzardo, ecc. I capitali sporchi vengono inseriti nell’economia legale attraverso l’usura e il riciclaggio.

La pandemia ha messo in evidenza anche la capacità delle mafie di inserirsi nel mercato della compravendita dei dispositivi di protezione individuale, di materiale medico-sanitario, nonché nel mercato della sanificazione e delle onoranze funebri. 

 

I reati spia

Vi sono fatti, accadimenti, delitti non immediatamente riconducibili alla presenza di organizzazioni criminali sul territorio, ma che vengono identificati dalle forze di polizia come “reati-spia” di una possibile attività criminale. Tra questi:

  • Le intimidazioni: incendi, lettere minatorie, aggressioni, danneggiamenti, ad amministratori locali, ad imprenditori, a giornalisti e attivisti presenti sul territorio;
  • Estorsioni e usura: sono i due metodi più utilizzati dalle organizzazioni criminali per far sentire la propria presenza e ampliare la capacità di controllo sul territorio;
  • Incendi di rifiuti, di discariche abusive e impianti di trattamento: le fiamme possono servire a smaltire rifiuti stoccati illegalmente, oppure ad intimidire aziende che operano nel settore legale; 
  • L’aumento di consumo di stupefacenti, dimostrato anche dai dati sui sequestri, le denunce e gli arresti effettuati dalle forze di polizia;
  • Il numero di segnalazioni di operazioni  finanziarie sospette alla Banca d’Italia da istituti di credito, professionisti ed altri operatori a cui vengono richieste movimentazioni di denaro. Operazioni che potrebbero nascondere forme di riciclaggio di denaro frutto di attività illecite.

 

Le mafie in Veneto: cenni storici

Il Veneto non è una terra di mafie, ma una terra che interessa alle mafie. Innanzitutto per fare affari e, in secondo luogo, come spazio in cui smerciare ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti. Il Veneto e il Nord Est hanno attirato le organizzazioni criminali non solo per il loro sistema economico ma anche per la posizione geografica nonché per le infrastrutture stradali, portuali, aeroportuali e ferroviarie presenti sul territorio. Il Veneto e il Nord Est sono territori di destinazione e di transito di merci e capitali di natura illecita. 

Le prime tracce della presenza mafiosa in Veneto risalgono agli anni ‘60 del Novecento quando sul territorio sono giunti alcuni mafiosi siciliani e campani inviati al Nord come soggiornanti obbligati. Nelle province di Padova e di Venezia, tuttavia, esistevano già dei gruppi criminali organizzati, dediti soprattutto a rapine, furti, gestione di bische clandestine e, più tardi, anche di sequestri di persona. Tra i mafiosi giunti dal Sud e i criminali autoctoni, dopo alcuni iniziali scontri in cui si sono registrati anche degli omicidi, si è successivamente stabilita una alleanza sino a sfiorare la compenetrazione, come è stato scritto in una relazione della Commissione parlamentare antimafia del 1994.

Tra la metà degli anni ‘70 e la metà degli anni ‘90 nel Veneto, in particolare tra le province di Venezia e di Padova, ha operato un’organizzazione mafiosa autoctona chiamata Mafia del Brenta, il cui capo riconosciuto è stato Felice Maniero. Questo gruppo criminale ha avuto rapporti con esponenti di Cosa nostra siciliana e della camorra campana, soprattutto in relazione al traffico di sostanze stupefacenti. Maniero è stato arrestato l’ultima volta nel 1994 a Torino. Ha deciso di collaborare con lo Stato ponendo fine, di fatto, all'esistenza della mafia del Brenta.

A livello ufficiale, in particolare dalla Commissione parlamentare antimafia, è stato riconosciuto che per molti anni, in Veneto e nel Nord Est vi è stata una diffusa sottovalutazione della presenza del fenomeno mafioso. La penetrazione delle cosche è avvenuta in modo silente, spesso senza la messa in atto di azioni violente eclatanti, ma corrompendo e investendo denaro nel sistema economico locale, in ciò favoriti dalla complicità di professionisti, imprenditori, amministratori locali, membri delle forze di polizia e del mondo bancario e finanziario locale. Il denaro mafioso è stato riciclato prestandolo a tassi usurai ad imprenditori in difficoltà finanziarie ovvero investendolo acquistando aziende operanti in settori come quello dell’edilizia, dell’immobiliare, dei trasporti, della raccolta e smaltimento di rifiuti, della ristorazione e del commercio, ecc. Il denaro riciclato e la penetrazione mafiosa nei mercati legali ha prodotto danni al libero esercizio dell’attività d’impresa e al principio di concorrenza anche in Veneto. 

Negli ultimi anni, le inchieste giudiziarie - tra cui, Stige, Fiore Reciso, Valpolicella, At Last, Ciclope, Isola scaligera e Taurus - associate alle attività di prevenzione all’infiltrazione della criminalità organizzata nelle opere pubbliche coordinate dalle Prefetture, hanno dimostrato come in diverse province del Veneto siano stabilmente presenti gruppi criminali di tutte le mafie italiane da almeno 20 o 30 anni e come sul territorio operino anche consorterie mafiose straniere, provenienti dai Balcani, dall’Est Europa e del continente africano, dedite al traffico di sostanze stupefacenti e allo sfruttamento di essere umani, a fini sessuali e di lavoro forzato.    

Di seguito si riporta uno stralcio di quanto scritto dalla Direzione investigativa antimafia nella sua Relazione relativa al Primo Semestre 2020, riguardante in particolar modo la provincia di Verona:



Il capoluogo scaligero, data la sua posizione lungo l’asse di collegamento tra l’Italia e l’Europa settentrionale, rappresenta un punto di snodo importante per molteplici settori produttivi. Le favorevoli condizioni socio-economiche costituiscono, tuttavia, terreno fertile per le attività di riciclaggio e per l’infiltrazione nell’economia imprenditoriale legale.

Emblematica, in tal senso, l’operazione “Terry”, che nel febbraio 2019 ha evidenziato l’operatività, anche sul territorio veronese, di sodalizi ’ndranghetisti legati alla cosca Grande Aracri. Ulteriore conferma circa l’infiltrazione delle organizzazioni ‘ndranghetiste nel tessuto economico-imprenditoriale sono state riscontrate a dicembre 2019, quando la DIA di Padova ha eseguito, nelle province di Verona e Vicenza, un provvedimento di confisca, emesso dal Tribunale di Bologna, nei confronti di un imprenditore calabrese pregiudicato, da tempo domiciliato in Veneto, titolare di una ditta operante nel settore dell’edilizia ed affiliato al sodalizio di ‘ndrangheta emiliano, storicamente legato alla cosca Grande Aracri di Cutro (KR).

Sempre nell’ambito del contrasto alle infiltrazioni mafiose nell’economia legale occorre evidenziare che, nel semestre in esame, la Prefettura di Verona ha adottato alcune interdittive antimafia nei confronti di società ritenute vicine a consorterie mafiose. Per l’importanza che riveste sul piano del contrasto, anche se non afferente al semestre in esame, è da rilevare che, il 25 gennaio 2020 è intervenuta una sentenza del Tribunale di Venezia nei confronti di 5 soggetti, appartenenti ad una stessa famiglia affiliata alla cosca di ‘ndrangheta Dragone. Costoro sono stati condannati a severe pene detentive per il reato di associazione di tipo mafioso, per estorsione e per resistenza a pubblico ufficiale. Si tratta della prima sentenza che sancisce le attività di tipo mafioso ‘ndranghetista nelle province di Verona e Vicenza.

Altri dati denotano la presenza di organizzazioni a delinquere di tipo mafioso sul territorio veronese, tra questi quelli relativi ai beni e alle aziende confiscate, le operazioni finanziarie sospette, le interdittive antimafia e il mercato degli stupefacenti.



Beni confiscati

Nell’ambito della legislazione contro la mafia le misure riguardanti il sequestro dei beni delle organizzazioni mafiose rivestono una notevolissima importanza perché volte a colpire il patrimonio accumulato illecitamente dalle organizzazioni criminali. Non si vuole tanto colpire il soggetto socialmente pericoloso quanto sottrarre i beni di origine illecita dal circuito economico dell’organizzazione criminale.

I beni confiscati alle organizzazioni mafiose si dividono in tre categorie:

  • beni mobili (denaro, autoveicoli, etc.)
  • beni immobili (palazzi, ville, appartamenti, terreni, etc.)
  • beni aziendali (aziende, quote, partecipazioni societarie, etc.)

I beni confiscati quali immobili o aziende vengono classificati dall’Agenzia nazionale in due categorie: ai beni in gestione appartengono quei beni che non sono ancora stati trasferiti e sono gestiti dall’Agenzia Nazionale Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC). I beni destinati sono quelli per i quali le procedure sono giunte al termine e sono stati trasferiti nel patrimonio dello Stato, delle Regioni, dei Comuni o messi in vendita.

E’ bene specificare che l’ANBSC censisce le particelle catastali confiscate e non il numero delle unità immobiliari complesse che le particelle stesse vanno a comporre. Una singola unità immobiliare – terreno, palazzina – può essere infatti composta da numerose particelle catastali.

Relativamente ai beni immobili - all’8 febbraio 2021 - in provincia di Verona sono state confiscate 100 particelle catastali 54 sono state destinate alle Amministrazioni, mentre altre 46 risultano ancora gestite dall’Agenzia nazionale. 

 

Tipologia di bene

 Particelle catastali confiscate

Appartamenti in condominio  58
Box, garage, rimesse 16
Terreni e fabbricati rurali 14
Ville e abitazioni indipendenti  7
Altro 5

  

Sono 5 le aziende confiscate in provincia di Verona, tutte attualmente gestite dall’ANBSC.

Infoweb beni confiscati: 

IN QUESTA SEZIONE è possibile consultare e scaricare dati statistici e reportistica relativa all'attività di gestione condotta da ANBSC sui beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. I dati messi a disposizione sono aggiornati in tempo reale e sono consultabili direttamente sul sito oppure possono essere esportati in maniera strutturata ed organica nei formati più comuni.

 



Segnalazione di operazioni finanziarie sospette



La normativa in vigore obbliga determinati soggetti – banche, professionisti ed altri operatori a cui vengono richieste movimentazioni di denaro - a comunicare all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia le operazioni che potrebbero celare forme di riciclaggio di denaro, finanziamento del terrorismo e l’uso di fondi provenienti da un’attività illecita. La UIF, una volta ricevuta la segnalazione di operazione sospetta (SOS), ne valuta la rilevanza e la trasmette eventualmente agli organi investigativi e all’autorità giudiziaria.

Dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2020 dal Veneto sono giunte 17.165 SOS, di cui 3.491 – il 20,3% del totale – dalla provincia di Verona.

Segnalazioni di operazione sospette nelle province del Veneto 

(fonte UIF)

Provincia    

S.O.S. biennio 2019-2020

Verona     3.491
Padova     3.467
Venezia 3.002
Vicenza     2.987
Treviso     2.945
Rovigo     790
Belluno      483





Le interdittive antimafia

L'interdittiva antimafia è il provvedimento amministrativo del Prefetto che mira a tutelare l'economia da infiltrazioni della criminalità organizzata, producendo l'effetto di escludere l’azienda da contratti con la Pubblica Amministrazione.

È definita dal comma 3 dell'art. 84 del dlgs n. 159/2011 e "consiste nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67, nonché, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 91, comma 6, nell'attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate”.

Dal 2014 al 2018, secondo l’Autorità nazionale anticorruzione in Veneto le imprese destinatarie di interdittive antimafia sono state complessivamente 37 con un picco registrato nel 2017 (16 in totale). Nel periodo in oggetto la regione si pone al quarto posto nell’area Settentrionale del Paese, dietro a Emilia-Romagna (164), Lombardia (140) e Piemonte (88).

Nei primi 9 mesi del 2020 il Ministero dell’Interno ha registrato un aumento del 6.2% delle interdittive su tutto il territorio nazionale (1.637 contro le 1.540 dello stesso periodo del 2019). Gli incrementi maggiori sono relativi a Molise, Campania, Toscana, Emilia Romagna e Veneto, che fa segnare un incremento del 67%.  

Le interdittive emesse dalla Prefettura di Verona dal luglio 2015 al febbraio 2021 sono state 26, di cui 3 nel primo trimestre 2021.



Il mercato degli stupefacenti

Nel 2019 in Veneto è stato registrato il 5,87% delle operazioni antidroga svolte sul territorio nazionale, l’1,99% delle sostanze sequestrate e il 5,31% delle persone segnalate all’Autorità Giudiziaria.

Sono state effettuate a livello regionale 1.519 operazioni antidroga, con un incremento del 4,18% rispetto all’anno precedente, corrispondenti al 5,87% del totale nazionale. In provincia di Padova è stato registrato il 33,11% delle operazione antidroga svolte sul territorio regionale, il 20,21% a Verona, il 17,38% a Venezia, il 14,81% a Vicenza, il 10,14% a Treviso, il 2,70% a Rovigo, l’1,65% a Belluno. Nel 2019, in Veneto i sequestri sono diminuiti del 46,80%, passando da kg 1.567,71 del 2018 a kg.833,97 del 2019.

In provincia di Verona è stato registrato il 35,74% delle sostanze sequestrate in peso a livello regionale, il 19,01% a Vicenza, il 17,45% a Padova, il 10,26% a Treviso, il 9,25% a Venezia, il 7,63% a Rovigo, l’0,65% a Belluno.

Rispetto al 2018 si rileva un incremento dei sequestri di piante di cannabis (+398,27), di marijuana (+42,14%) e di droghe sintetiche (rinvenute in polvere kg) (+7,64%), mentre si evidenzia un decremento di tutte le altre sostanze

(fonte Relazione Direzione centrale servizi antidroga)



Operazioni antimafia in Veneto biennio 2019 - 2020

(Fonte: Regione del Veneto, Relazione sull’attuazione della legge regionale n.48 del 2012)

 

Mafie e imprese 

Le mafie non sono soltanto delle organizzazioni criminali. Sono anche delle imprese che gestiscono ingenti capitali derivanti dal compimento di reati, primo fra tutti il traffico di sostanze stupefacenti. 

A differenza delle imprese regolari, quelle mafiose operano sia sui mercati illegali che su quelli legali aiutate, in quest’ultimo caso, dai componenti di quella che viene definita “area grigia”, composta da imprenditori, liberi professionisti, politici e rappresentanti degli organi investigativi e giudiziari. 

Nella relazione conclusiva presentata dalla Commissione parlamentare antimafia nel 2018, si legge quanto segue:



“L’area grigia è lo spazio relazionale al confine tra sfera legale e illegale, dove si costituiscono intrecci criminali con diversi e cangianti livelli di contiguità e complicità tra soggetti eterogenei per interessi, ruoli e competenze. Gli attori che convenzionalmente definiamo mafiosi per ragioni soggettive - affiliazione, appartenenza, provenienza - od operative (ricorso alla intimidazione violenta o al metodo corruttivo-collusivo), possono far parte dell’area grigia anche senza rappresentarne necessariamente la componente centrale, né l’elemento trainante. I mafiosi non sono altro rispetto all’area grigia, ma si collocano al suo interno. Infatti, l’area grigia non è l’area esterna alla mafia, ma è la zona in cui i mafiosi si muovono stringendo alleanze e accordi di collusione con gli altri attori a vario titolo presenti, offrendo i loro servizi di protezione e di intermediazione. Così intesa, l’area grigia non è prodotta da una estensione dell’area illegale in quella legale, quanto da una commistione tra le due aree, ovvero dall’esistenza di confini mobili, opachi e porosi tra lecito e illecito”.



I mafiosi mirano a fare affari e ad arricchirsi rapidamente ed impunemente, utilizzando la corruzione unitamente alla minaccia e alla violenza, se la prima non contribuisce a raggiungere gli scopi criminali. La corruzione, in particolare, viene utilizzata maggiormente perché,  a differenza della violenza, non suscita allarme sociale, consente una penetrazione mimetizzata e silente e tiene lontani i mass media, le forze di polizia e la magistratura. 

Gli ingenti capitali di cui i mafiosi dispongono vengono impiegati in parte per il mantenimento dell’organizzazione criminale - sostegno alle famiglie dei carcerati, pagamento degli avvocati, acquisto di armi, pagamento di stipendi agli affiliati - in parte vengono immessi nell’economia legale attraverso il “riciclaggio di denaro” che, per essere svolto, necessità di competenze finanziarie e giuridiche specifiche. Il denaro sporco, infatti, va nascosto, ripulito e reintrodotto nel circuito economico-finanziario legale. 

Due sono i modi attraverso i quali i mafiosi penetrano in un sistema economico: prestando capitali a tassi usurai ad imprenditori in difficoltà che non riescono più a reperire risorse nei circuiti legali; acquistando in tutto o in parte quote di imprese i cui titolari, ad esempio, decidono di vendere per timore di non riuscire a realizzare i profitti di un tempo. La crisi generata dalla pandemia sta accentuando entrambe le modalità di penetrazione mafiosa di cui si è fatto cenno. 



Diverse indagini giudiziarie hanno dimostrato come i mafiosi siano in grado di offrire non solo dei capitali agli imprenditori, ma anche una serie di servizi che vengono richiesti, come ad esempio: il recupero crediti, un sistema di fatture false finalizzato a realizzare evasione fiscale, truffe e frodi, lo smaltimento illecito dei rifiuti (utilizzando discariche abusive o capannoni abbandonati e successivamente incendiati), i servizi di guardiania nei cantieri e, in alcuni casi, mediante l’esercizio della minaccia e dell’intimidazione, anche l’allontanamento o il mancato avvicinamento di alcuni concorrenti. Vi sono quindi imprenditori vittime e imprenditori complici e collusi con i mafiosi. 

Una volta entrati in un’impresa e in un mercato, i mafiosi mirano ad occupare una posizione dominante al fine di dettare le regole e controllare il territorio. 

La penetrazione silente

Le organizzazioni mafiose utilizzano sempre meno la violenza. Da diversi anni, soprattutto nelle aree Settentrionali del Paese, i clan preferiscono sfruttare l’enorme liquidità in loro possesso per:

a)    presentarsi come normali imprenditori intenzionati ad investire;

b)   aiutare aziende in difficoltà con immissioni di capitali che si trasformano quasi sempre in prestiti usurai;

c)    usare la corruzione in diverse forme: elargizione di denaro, assunzioni, offerta di servizi illegali, altre utilità.

Qualunque sia il loro modus operandi il risultato è sempre lo stesso: l’imprenditore che cede alle lusinghe mafiose, anche se ne trae apparente e iniziale giovamento, finisce per essere uno strumento nelle mani della mafia, di non essere più padrone del suo destino.  L’imprenditore resta formalmente il titolare, ma la gestione passa di fatto all’organizzazione criminale, in alcuni casi anche attraverso la vendita dell’impresa ad un prestanome. Chi apre le porte alla mafia prima o poi finirà sfrattato dalla sua stessa azienda.

Un’impresa mafiosa crea un danno a tutta l’economia locale, distorcendo la libera concorrenza. A differenza di un’impresa sana, che opera nella legalità e che deve affrontare problemi e difficoltà ricorrendo a mezzi leciti, l’impresa mafiosa può contare su un flusso di cassa interrotto, alimentato da denaro raccolto illecitamente. Se l’economia locale viene inquinata dalla presenza mafiosa, a subirne le conseguenze saranno tutti gli attori economici regolari di quel territorio.

Nel novembre 2020, la Confcommercio di Milano, Lodi, Monza e Brianza ha presentato un’indagine sulla criminalità al tempo del Covid, segnalando sul territorio di competenza un aumento dei casi di usura ed estorsione, oltre ad un incremento di  proposte “irrituali”: offerte di aiuto economico da sconosciuti, di cessione quote aziendali o proposte di acquisto dell’attività a un valore inferiore a quello di mercato che riguardano soprattutto i settori ricettività, ristoranti, commercio auto/moto e dettaglio non alimentare.

 

Come si presentano le imprese mafiose

Nel corso del seminario intitolato La penetrazione delle mafie nell’economia. Focus sul Veneto e su Verona , il Prof. Antonio Parbonetti, ha elencato quelle che sono le principali modalità di azione delle imprese mafiose. In particolare:

  • I mafiosi, in tempi brevi, costituiscono più società, con bassa dotazione di capitale, operanti tutte nello stesso settore pur avendo sede in diversi territori oppure, al contrario, sono ubicate nello stesso territorio ma operano in settori diversi. 
  • Le società sono costituite da un solo socio o da pochi soci che sottoscrivono il capitale minimo per dare vita, in genere, ad una Società a responsabilità limitata, versando l’importo minimo di 2.500 euro. 
  • Le aziende legate alle organizzazioni criminali spesso condividono gli stessi amministratori e manifestano una incoerenza tra il volume d’affari che producono e gli investimenti realizzati. Il ricorso alla falsa fatturazione rende non coerente il volume di affari con la struttura aziendale. L’utilizzo delle fatture false consente di conseguire una crescita rapida anche perché non necessita di investimenti e di acquisizione di competenze. La rapidità e l’apparente facilità con cui alcune aziende criminali crescono, generano consenso e rafforzano il ruolo dell’organizzazione criminale. 
  • Gli imprenditori delle aziende criminali spesso gestiscono un numero rilevante di aziende operanti in settori molto diversi e che, per tali ragioni, richiederebbero competenze differenziate. Si tratta di figure imprenditoriali che in un arco temporale limitato riescono a costituire e guidare, apparentemente con successo, un numero consistente di aziende. Ad esempio, in una recente operazione antimafia si è evidenziato come una singola persona fosse coinvolta in qualità di amministratore in più di venti diverse società, tutte costituite in un arco temporale limitato. 

 

Infiltrazione mafiosa: settori a rischio

Come sottolineato in precedenza, le mafie hanno la capacità di diversificare. Vale sia per i mercati illeciti sotto il loro controllo, che nella capacità di investire e riciclare nel settore legale. In relazione all’emergenza Covid-19, tra i settori maggiormente a rischio indicati dall’ultima Relazione della Direzione Investigativa Antimafia, inoltrata al Parlamento, vi sono: 

  • Appalti pubblici: la rete viaria, le opere di contenimento del rischio idrogeologico, le reti di collegamento telematico, le opere necessarie per una generale riconversione alla green economy e tutto il c.d. “ciclo del cemento”;
  • Filiera agroalimentare: produzione, fornitura e distribuzione dei prodotti alimentari e ortofrutticoli;
  • Giochi e scommesse on-line;
  • Impianti sportivi e palestre;
  • Imprese di pulizia e sanificazione;
  • Raccolta e smaltimento di rifiuti, anche sanitari;
  • Settore sanitario: produzione e distribuzione di dispositivi medici, sanificazione ambientale, smaltimento dei rifiuti speciali, prodotti in maniera più consistente a seguito dell’emergenza, contraffazione dei prodotti sanitari e dei farmaci;
  • Settore turistico-alberghiero: alberghi, ristoranti, bar, bed & breakfast, case vacanze, negozi di abbigliamento, centri benessere, noleggio di autoveicoli, agenzie di viaggi; 
  • Settore immobiliare, anche attraverso il controllo delle aste giudiziarie;
  • Servizi funerari e cimiteriali;
  • Recovery Plan: sia gli organi investigativi che quelli giudiziari ritengono certo l’interesse delle mafie per l'accaparramento delle ingenti risorse del Recovery Plan.

I settori in cui operano le imprese mafiose in Veneto


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Contenuto aggiornato al: 11 Aprile 2022